Hymne sacrée
Indirizzato alla fede dalle prediche di Lacordaire, da lui ascoltate a Roma nel 1840, attirato dalla Association de Jean l’Évangéliste che riuniva giovani artisti francesi desiderosi di “praticare un’arte cristiana in vista della conversione dei popoli del mondo”, Gounod sognava di realizzare, nelle sue future composizioni, “una forma veramente religiosa, con la potenza degli sviluppi moderni ma senza la loro lussuria”. Nel 1841, i suoi primi passi in questa direzione erano stati determinati da un inno sacro, Cantico per la festa di tutti i santi per voce e pianoforte, su versi di Édouard Turquety, un poeta cristiano amico di Lamennais. Più ambizioso, questo Inno sacro impegna quattro solisti, un coro misto e un’orchestra al gran completo, il cui unico obiettivo è quello di fare una musica di ampio respiro, semplice e coinvolgente. Di segno opposto dunque rispetto al Requiem viennese, l’Inno sacro potrebbe ben illustrare quel genere di proselitismo musicale, benché non si possa escludere che Gounod abbia semplicemente voluto piacere ai membri del prix de Rome – e ci fosse finalmente riuscito – con questo terzo envoi, portato a termine nel 1843. Non abbiamo nessun documento che attesti che esso sia stato eseguito. Invitando gli ascoltatori a sostenere la Chiesa nell’accompagnare Gesù, la composizione alterna serenità pastorale e movimenti di marcia, passando dal soave coraggio degli appelli espressi dal tenore all’ampia melodia del basso che intona l’inno (“Prions pour que l’autel reste à jamais vainqueur”), ripreso dal quartetto vocale e poi dal coro. Il tutto va poi in crescendo con reiterazioni melodiche fino a un tutti da grand opéra. La conclusione in diminuendo è notevole.
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data di pubblicazione : 25/09/23
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