Les Jours pluvieux
1. Quelques gouttes de pluie – 2. Vent et pluie – 3. Grisaille – 4. Petite pluie fine – 5. En querelle – 6. À l’abri – 7. Morose – 8. On pleure – 9. L’orage ne vient pas – 10. Roses flétries – 11. Ennuyeux comme la pluie – 12. On rêve au beau temps
[1. Qulache goccia di pioggia – 2. Vento e pioggia – 3. Grigiore – 4. Pioggerella – 5. Litigio – 6. Al riparo – 7. Malinconico – 8. Si piange – 9. Il temporale non arriva– 10. Rose appassite – 11. Noioso come la pioggia – 12. Si sogna del bel tempo]
Nel 1894, Marie Jaëll compose due cicli per pianoforte di dodici pezzi ciascuno, opposti e complementari al tempo stesso: Les Jours pluvieux e Les Beaux Jours (la Bibliothèque nationale universitaire di Strasburgo ne ha acquisito i manoscritti nel 2013). I quadretti corrispondono l’uno all’altro anche simmetricamente: così, nel primo ciclo, il dodicesimo brano è intitolato «On rêve au beau temps» (Si sogna del bel tempo), e, nel secondo, «On rêve au mauvais temps» (Si sogna del brutto tempo). Gli spartiti sono dedicati ai giovani Spalding (Les Jours pluvieux a Ruy e Jimmy, Les Beaux Jours alle sorelle Kitty, Dudie e Fibbie), i primi allievi con i quali Jaëll sperimentò il suo metodo didattico per lo studio del pianoforte. Ruy e Jimmy erano in grado di padroneggiare i pezzi composti dalla loro insegnante? Allora avevano dita snodate, perché questa musica, pur essendo accessibile a piccole mani (struttura facile, distanze non troppo ampie tra le dita, pezzi brevi che non superano mai le due pagine), esige spesso un’esecuzione veloce (si pensi in particolare a «Vent et pluie», che reca l’indicazione «molto agitato e il più velocemente possibile»). Sotto questi titoli ludici e poetici, in realtà, si celano degli studi tecnici, in cui ogni brano è basato su un gesto unificatore; ma l’esercizio delle dita è accompagnato anche da un lavoro sulla sonorità (e soprattutto sulla capacità di sovrapporre livelli sonori diversi) e dalla scoperta del linguaggio musicale. «Petite pluie fine», per esempio, è in modo di la, senza alcuna alterazione, dalla prima all’ultima nota, mentre «On pleure» sfrutta le risorse espressive del cromatismo.
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data di pubblicazione : 25/09/23
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