Quartetto per archi in mi maggiore op. 36
Largo ma non troppo. Allegretto. Largo – Allegretto assai scherzando – Adagio con molto expressione – Allegro con brio. Adagio. Allegro vivace
Come i suoi predecessori (Lalo, Franck e Fauré) e come i suoi successori (Debussy, Ravel o, più vicini a noi, Boulez, Dutilleux e molti altri), Fernand de La Tombelle è uno di quei compositori francesi che avendo affrontato una volta, vittoriosamente, la sfida del quartetto d’archi, non hanno poi più provato il bisogno di ritornarvi. Paradossalmente, questo op. 36 è dedicato a Vincent d’Indy il quale, all’epoca della sua pubblicazione (1897), rifiniva il suo secondo Quartetto (anch’esso in mi maggiore) per consegnare alla sagacia dei musicologi un compendio di combinazioni tematiche. A d’Indy mancavano solo la freschezza dell’ispirazione melodica e quel gusto dell’evidenza che sono tra le qualità distintive dell’amico. Il motivo iniziale del Quartetto di La Tombelle potrebbe essere di Massenet; ma, sebbene tale influenza contribuisca a dargli forma, esso non ne risulta mai deformato, così come l’evitamento delle cadenze non risulta mai artificioso, tanto il senso della tonalità rimane chiaro. La nitidezza delle idee, la chiarezza della polifonia, la parola data in pari misura a ciascuno strumento (lo scherzo aperto dal secondo violino, i momenti salienti della viola) si ritrovano in ogni movimento. Oltre al tema iniziale che riappare alla fine del primo e del quarto movimento, figure ritmiche ascendenti puntate, impazienti o tragiche, e slanci spiccati assicurano unità a quest’opera, evidentemente sostenuta da un importante sfondo affettivo.
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data di pubblicazione : 25/09/23
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