Quartetto per archi in re maggiore
1. Molto allegro – 2. Allegro vivace – 3. Andante largamente e con molto espressione – 4. Allegro
Sull’onda del primo grand prix de Rome vinto nel 1897, Max d’Ollone compone il quartetto per archi che l’Istituto aveva reso obbligatorio a partire dal 1894. Nel campo della musica da camera, fino a quel momento ha fatto solo l’esperienza delle Scènes païennes per violino e pianoforte (1895). Il suo secondo lavoro cameristico, dedicato all’amico Henri Busser, è ben accolto dal “Journal officiel de la République française” il 15 marzo 1900: “Il primo movimento, allegro à trois temps, appare un po’ freddo e monotono, ma è scritto bene e soprattutto è sviluppato in modo personale. Il secondo,scherzo, è molto ben riuscito: il ritmo è affascinante e l’impressione squisita. L’adagio che segue ha un sentimento profondo e una grande sonorità espressiva. Il finale di questo Quartetto (allegro) ha un’ispirazione chiara e fresca, un’esecuzione viva e brillante”. Sarà stata la sua passione per la musica vocale, e per l’opera lirica in particolare, a indurre il giovane compositore a privilegiare linee fluide e il cantabile? I quattro movimenti, piuttosto brevi e di durata simile, privilegiano una scrittura polimelodica che non tiene conto del contrappunto tradizionale. L’Allegro iniziale, dal ritmo ternario, guarda in direzione del valzer ed evita i conflitti. Lo Scherzo, pur introducendo con il suo nervosismo un tono nuovo, non dimentica la cantabilità. Nel movimento lento, privo di contrasti netti, le appoggiature e i semitoni discendenti conferiscono ad alcuni passaggi un dolore contenuto. Il vorticoso Finale, il cui inizio presenta una discreta tinta popolare, offre una Coda sorprendente: il tempo rallenta e l’opera si conclude in un clima molto calmo.
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data di pubblicazione : 25/09/23
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