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Quartetto d’archi in la minore CG 564

Compositore/i :
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Allegro – Allegretto quasi moderato – Scherzo – Allegretto

Eseguito per la prima volta il 27 febbraio o ai primi di marzo 1890 dal Quartetto Nadaud e/o dal Quartetto Laforgue alla Société des Compositeurs (sale Pleyel), questo quartetto è forse il più personale dei cinque di Gounod a noi noti a oggi, e il più riuscito. Le idee sono forti, nette ma senza secchezza, e l’energia non viene mai meno. Non sapendo che quello in fa maggiore era anteriore, Choudens l’ha pubblicato come n. 3. L’Allegro inizia come una porta sbattuta, matrice del tema principale. Al suo colmo, il ribollimento polifonico sfocia nel secondo tema, disteso, dai valori lunghi. Lo sviluppo procede per opposizioni e incastri di cellule, di blocchi, di dinamiche. Nell’Allegretto, gli archi velati dalla sordina e i pizzicati del violoncello che sembrano lacrime che cadono ricordano Dante: “Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice ne la miseria”: l’ipnotica tristezza delle ripetizioni ossessive di un motivo dolcemente disperato ritorna come un ritornello da una parte e dell’altra. Quasi un valzer, lo Scherzo sembra uscire dall’abisso. Il rustico Trio non appesantisce troppo, e il tono vivace del suo fugato ricondurrà al valzer. Fu Charles de Lassus (all’età di due anni) a ispirare al nonno il motivo abbastanza banale dell’Allegretto. Gounod lo compensa con un tema-ponte talmente grazioso che lo si potrebbe scambiare per il secondo tema (che invece passerà quasi inosservato). Lo sviluppo assai serrato, inizialmente piuttosto vago dal punto di vista tonale, esclude la palpitazione delle semicrome  mantenuta invece nella riesposizione.

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data di pubblicazione : 25/09/23



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