Notturno in do diesis minore opera postuma B. 49
In Hoffmann, Eichendorff, Schubert o Schumann, la notte è percorsa da visioni fantastiche, talvolta spaventose; è anche il momento in cui l’uomo solitario si fonde con la natura. Per Chopin essa favorisce invece la confidenza dei segreti più intimi, come ha notato Berlioz: “Solo verso la mezzanotte si rivelava con il maggior abbandono; quando i farfalloni del salotto se n’erano andati, quando la questione politica all’ordine del giorno era stata ampiamente trattata, quando tutte le malelingue avevano esaurito i loro aneddoti, quando tutti i tranelli erano stati tesi, tutte le perfidie consumate, quando insomma non se ne poteva più della prosa, solo allora egli, obbedendo alla muta preghiera di qualche bell’occhio intelligente, diventava poeta e cantava gli amori ossianici degli eroi dei suoi sogni, le loro gioie cavalleresche e le sofferenze della patria assente, la sua cara Polonia, sempre pronta a vincere e sempre umiliata”. Generalmente di forma tripartita, i Notturni di Chopin sovrappongono il canto della mano destra all’oscillazione di arpeggi o di accordi della mano sinistra. Una scrittura adottata nel foglio d’album senza titolo che il compositore invia alla sorella Ludwika nel 1830, la quale lo assimilerà poi a un notturno nel proprio elenco di “composizioni inedite”. L’episodio centrale cita il finale del Concerto in fa minore (1829) e il canto Zyczene (Il desiderio, ca 1829). Le due parti estreme prefigurano il Notturno op. 27 n. 1, nella medesima tonalità di do diesis minore (1835), e si ispirano al belcanto scoperto da Chopin all’Opera di Varsavia.
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data di pubblicazione : 25/09/23
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