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Arlequin pour violon et piano

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Composto intorno al 1848, Arlequin fa parte di un gruppo di brani brevi che, nell’opera cameristica di Lalo, si accompagnano ai generi tradizionali in più movimenti. Sottotitolato «schizzo umoristico» o «schizzo caratteristico» a seconda delle edizioni, non richiede prodigi di virtuosismo, ma è pur sempre destinato a un archetto agile, che sappia infondere spirito a queste pagine leggere e fantasiose. I ritmi danzanti richiamano il bolero, poi il valzer, pur mantenendo un carattere di improvvisazione. L’episodio finale riprende il materiale iniziale, ma con numerose varianti, in cui la forma fa una sorta di sberleffo alle simmetrie del consueto schema ABA. Capriccioso e imprevedibile: è così che si immagina l’Arlecchino della commedia dell’arte (alla quale Lalo attingerà ancora nel 1850, con la Pastorale e Scherzo alla Pulcinella per violino e pianoforte). Dopo Marivaux e Goldoni nel Settecento, anche gli scrittori romantici si ispirano al servitore dal costume variopinto: George Sand (nella commedia Arlequin médecin), Théodore de Banville (Arlequin et Colombine, che appare nell’edizione delle Stalactites del 1857), Gautier (Carnaval in Émaux et camées), Hugo (La Fête chez Thérèse nelle Contemplations). Si pensi anche ai Souvenirs di Banville, pubblicati nel 1882: «L’antico Arlecchino della commedia italiana, che non ci si immagina neanche più, era agile, naïf, astuto come un animale, continuamente agitato da una fiamma interiore che ardeva senza posa; non stava mai tranquillo, nemmeno per un istante. Era un essere danzante, oscillante, trascinato da un ritmo invisibile».

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data di pubblicazione : 25/09/23



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