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Quartetto per archi n. 1 in mi minore op. 112

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Allegro. Più allegro – Molto allegro quasi presto – Molto adagio – Allegro non troppo. Molto allegro.

«Se non avessi composto questo quartetto», scriveva Saint-Saëns al suo editore, «gli esteti avrebbero tratto da tale lacuna tutta una serie di deduzioni, avrebbero scoperto nella mia indole il motivo per cui non ne avessi scritti e dedotto che non fossi capace di scriverne! Non dubitate, li conosco. Finché questa necessità non fosse stata soddisfatta, temevo di cominciare troppo presto, non ero tranquillo. Ora tutto ciò mi è indifferente.» Il dedicatario e forse promotore di questa composizione, Eugène Ysaÿe, la eseguì per la prima volta il 21 dicembre 1899 ai Concerts Colonne. Saint-Saëns aveva allora 64 anni; maturato dopo una giovinezza assai audace, si atteggiava a custode delle tradizioni. Ci si aspetterebbe dunque un’opera magistrale, dogmatica e regolare. Ciò che viceversa colpisce è il carattere imprevisto delle forme, la mobilità delle idee (controcorrente rispetto alla moda del tema ciclico), il trattamento non di rado orchestrale della compagine strumentale (sordine, tremoli, batterie di accordi), talvolta impressionistico, a danno dell’ideale polifonico e del modello beethoveniano dell’uguaglianza tra i quattro strumenti, laddove spesso la parte del primo violino è dominante. Lontano dalle complicazioni cromatiche post-wagneriane, il linguaggio armonico sempre limpido è ricco di fuggevoli ambiguità. L’aspetto più notevole è l’attiva fluidità di una scrittura contrappuntistica frammentata, in cui cellule o linee si attraversano e si compenetrano a formare un intarsio sonoro.

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data di pubblicazione : 25/09/23



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