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Deux Mélodies hébraïques

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Il 3 giugno 1914, Maurice Ravel eseguì la prima delle sue Deux Mélodies hébraïques accanto ad Alvina Alvi, che gli aveva commissionato il lavoro. Era stato il soprano dell'Opera di San Pietroburgo a incaricarlo di comporre questo dittico essenziale che riflette due aspetti della cultura ebraica, la quale sarebbe rimasta sempre ai margini della sua produzione. Tuttavia, le Deux Mélodies hébraïques non furono il primo incontro di Ravel con il melodismo ebraico, come attesta Chanson hébraïque (o Mejerke main Suhn), mélodie tratta delle Chansons populaires (1910). La prima parte dell'opera è dedicata al Kaddisch, un testo aramaico destinato a resuscitare i morti e a santificare il nome divino. Maurice Ravel, pur rimanendo molto vicino alla cantillazione originale, propone un'armonizzazione in cui il pianoforte procede per lunghi pedali e senza tempo, come campane estatiche, insistendo sul rilievo espressivo della trenodia. A poco a poco le inflessioni slave della tradizione ashkenazita assumono maggiore consistenza grazie al progressivo disimpegno del basso, che lascia il posto, sul primo “Amen”, a una serie di arpeggi che si diradano per poi cessare su un ultimo “Amen”, proclamato e splendidamente ornato. Il titolo della seconda delle due melodie riassume la potente dimensione metafisica trasmessa dal testo yiddish: Enigma eterno. Il pianoforte esegue un motivo ossessivo in quarte parallele e un immutabile ritmo croma-croma-semiminima. Questa breve melodia, costruita intorno all’interrogativo esistenziale, sembra rimanere irrisolta e termina nella più perfetta evanescenza, “con una voce di sottile silenzio”.

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https://www.bruzanemediabase.com/it/node/67991

data di pubblicazione : 11/01/24



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