Jean de Nivelle

Nella ventina di opere liriche di Léo Delibes, Jean de Nivelle si colloca nel periodo di maturità del compositore, tra Le Roi l’a dit e Lakmé. Rappresentata all’Opéra-Comique nella Salle Favart, essa ricama un intreccio sentimentale attorno al ben noto personaggio storico. L’opera è un autentico successo, anche se viene poi eclissata da Lakmé. All’indomani della prima, l’8 marzo 1880, vengono elogiati il fascino delle melodie e la qualità del libretto di Edmond Gondinet e Philippe Gille. Ma è notata anche la coesistenza di due stili nella partitura: quello, melodico e leggero, tipico dell’opéra-comique (come si conviene alla Salle Favart), e un altro in cui il canto appare più serio, l’orchestrazione più ricca, le armonie più complesse. “Dove il giovane maestro francese ha superato [...] le previsioni degli ammiratori di Coppélia e dell’opera Le Roi l’a dit è nell’elevatezza di stile della sua nuova partitura. Alcuni suoi amici si aspettavano l’aggiornamento di un Jean de Nivelle pastorale alla maniera dei nostri antichi opéras-comiques, e si sono trovati di fronte alla grande figura del Duca di Montmorency, vero e proprio eroe dell’opera di genere”, si legge ne «Le Ménestrel». In più punti dell’opera, infatti, si avverte un respiro drammatico inusuale all’Opéra-Comique, respiro “che ci trasporta (aggiunge «Le Ménestrel») in pieno grand opéra.” La parola è lanciata: grand opéra, genere caratteristico non della Salle Favart, ma dell’Académie de musique! Aldilà del suo interesse specifico, Jean de Nivelle è rivelatore della serietà che ha conquistato il genere dell’opéra-comique nel secondo Ottocento. A tal punto che la critica si rammaricherà che sia stata mantenuta la tradizione dei dialoghi parlati (pur specifici dell’opéra-comique) nell’opera di Delibes.