Mesdames de la Halle

Offenbach, che in precedenza aveva dovuto accontentarsi di scrivere opere per tre e poi per quattro personaggi soltanto, con Mesdames de la Halle ha per la prima volta l’occasione di comporre un lavoro ambizioso, con coro. L’ampia portata di questa operetta preannuncia Orphée aux Enfers, portato a termine qualche mese dopo. Essa mette in scena la pittoresca società che popola il cuore commerciale di Parigi e che ispirò scrittori, drammaturghi, pittori e musicisti, da Les cris de Paris a La fille de Madame Angot. Se la vivacità del mercato attrae gli artisti, rendere con naturalezza la vita caratteristica di questo luogo e dei suoi personaggi è un’impresa non facile. Sulla scia dei tentativi da parte di vari compositori di riprodurre quello che è stato chiamato style poissard (stile sguaiato, “da pescivendolo”) o “linguaggio delle Halles”, Offenbach riesce a rendere onore all’originale in virtù di una consumata padronanza dell’umorismo e dell’arte del pastiche, grazie anche a un ritmo sfrenato e a continui contrasti espressivi. La trama si basa su una serie di intrighi amorosi. Il tamburmaggiore Raflafla vorrebbe sposare una delle “signore del mercato”, la Madou oppure Beurrefondu, delle quali apprezza soprattutto i quattrini. Costoro sono invece interessate a un giovane taverniere di nome Croûte-au-pot, il quale ama però la giovane e bella fruttivendola Ciboulette, che anche Raflafla tenta di sedurre. Dopo numerose peripezie rese per mezzo di ensemble deliranti come pure di arie commoventi, la vera identità di Ciboulette viene svelata. Figlia di Raflafla e di un’altra “signora del mercato” di nome Poiretapée, la ragazza ottiene dai genitori il permesso di sposare l’amato.