Sonata per violino e pianoforte n. 2
1. Allegretto – 2. Blues – 3. Perpetuum mobile
Ravel riteneva che il pianoforte e gli strumenti ad arco fossero inconciliabili; tuttavia, nel 1897 aveva composto il primo movimento di una sonata per violino e pianoforte, rimasto a lungo inedito. L’incontro con la violinista Jelly d’Arányi (dedicataria di Tzigane), la scoperta delle due Sonate per violino e pianoforte di Bartók e l’amicizia della violinista Hélène Jourdan-Morhange (dedicataria dell’opera) possono averlo spinto a riprendere in considerazione questo organico nel 1923. Il 30 maggio 1927 a Parigi, alla Salle Érard, il pubblico scopre una sonata concisa, nell’esecuzione del violinista Georges Enesco accompagnato dal compositore. I tre movimenti sono, l’uno dopo l’altro, sempre più brevi. I due strumenti, pur scambiandosi i rispettivi elementi tematici, danno l’impressione di evolvere in parallelo, più che di dialogare. L’Allegretto iniziale, una forma sonata trattata in modo libero, mantiene nell’insieme la dinamica del piano. A eccezione di qualche passaggio, il pianoforte adotta una scrittura sottile e lineare. Nel movimento centrale, Ravel prende in prestito dal blues americano le sincopi e l’accentuazione dei tempi deboli, i gradi instabili (blue notes) caratteristici della declamazione intensa e dolorosa del blues; si ispira anche alle sue tipiche sonorità strumentali, con il pianoforte e il violino che evocano un banjo, un contrabbasso o delle percussioni. Ravel tiene però il modello a distanza, poiché il suo Blues contiene dissonanze mordenti e ignora lo swing a favore di una secchezza quasi meccanica. Vari elementi tematici dei primi due movimenti ricompaiono nel travolgente Perpetuum mobile, una corsa a perdifiato che si infrange contro la roccia dell’ultimo accordo.
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data di pubblicazione : 25/09/23
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