Sonata per violoncello e pianoforte n. 1 op. 66

La Prima guerra mondiale a profondément marqué Charles Koechlin. Troppo anziano per essere chiamato alle armi, attraversa a quell’epoca «una forte crisi personale [che lo] porta a rompere con la sua vita passata, sia sociale sia intellettuale e artistica, a favore di un atto di fede nel rinnovamento che inevitabilmente nascerà dalla fine del conflitto» (Aude Caillet). La caduta delle azioni industriali che costituivano la sua rendita e la contestazione della successione della madre (morta nel 1917) piombano bruscamente il compositore dilettante in una realtà sociale ben più dura, costringendolo, in particolare, a vendere la propria musica – cosa che fino a quel momento si era rifiutato di fare. Dapprima paralizzato dagli eventi che dilaniano l’Europa (e preso dalla sua attività di infermiere alla Croce rossa parigina), verso la metà del 1916 il compositore decide di preparare la strada al futuro e di ideare un nuovo linguaggio musicale capace di rilanciare l’arte francese al termine del conflitto. Koechlin cerca allora di prendere il più possibile le distanze dalla «pretenziosa aspirazione al sublime e al colossale» che egli attribuisce ai lavori di produzione tedesca. È in questo contesto che, nel 1917, egli compone la Sonata per violoncello e pianoforte n. 1. Il primo movimento denota accenti pastorali, mentre il secondo – estremamente impegnativo per il pianista – ha toni da notturno. L’ultimo movimento, sicuramente il più audace, inizia con un’antifona gregoriana, preannunciando chiaramente le future composizioni di Darius Milhaud. Tuttavia, all’epoca tale influenza risultò poco evidente, a motivo dei sette anni intercorsi tra la composizione dell’opera e la sua prima esecuzione, svoltasi il 6 marzo 1924.