Trio per violino, violoncello e pianoforte n. 2 in do maggiore

Come il Largo in fa diesis minore per violoncello e pianoforte, il Trio n. 2 fu composto nel porto di Biserta, in Tunisia. Nel 1907, Jean Cras informa la moglie di avere rielaborato la parte veloce del primo movimento: «Posso dire che quasi tutto il Trio è stato concepito a Biserta, in pochi giorni [nel 1904]: il corale nella sua interezza, il finale non solo per quanto riguarda le idee ma anche negli sviluppi, lo scherzo per le idee, l’introduzione in un 5/4 lento. Di idee nuove ci sono solo quelle dell’Allegro. Quanto al finale, posso dire che, se l’avessi portato a temine a Biserta, sarebbe stato uguale a come è ora. Rispetto alla parte iniziale, tranne l’introduzione che è antica, posso dire che la concezione nel suo insieme è nuova». A tale rimaneggiamento si deve forse la tardiva prima esecuzione del brano, il 29 aprile 1911 alla Société nationale de musique, con Armand Parent (dedicatario dell’opera) al violino e Ricardo Viñes al pianoforte. Questo Trio colpisce per la sua densità, sia nel contrappunto sia nella successione delle numerose idee. La sovrapposizione delle linee musicali consente di arricchire la tessitura, di sviluppare il materiale e di vivacizzare il discorso, evitando però la pedanteria: la scrittura fugata all’inizio del primo movimento, in 5/4, non ha niente di scolastico, non meno di quella del Finale. L’intensità espressiva dei primi due movimenti, a tratti soffusa di solennità (nel Corale, che ricorda Franck), e gli accenti popolari che risuonano nello Scherzo e nel Finale sono due facce di una stessa medaglia. Serietà e spirito giocoso si compensano senza contrapporsi, come suggerisce la stessa omogeneità dei motivi: i soggetti del primo e dell’ultimo movimento mostrano infatti alcune moderate affinità.