Quartetto per archi e pianoforte n. 1 in do minore op. 15

Nel comporre un quartetto con pianoforte, Fauré si avventura in un mondo relativamente inesplorato. Fu forse la scarsa familiarità del pubblico francese con questa formazione a indurre Choudens e poi Durand a rifiutare di pubblicare l’op. 15, che fu infine accettata da Hamelle? Nel 1876, dopo aver completato la Sonata per violino e pianoforte op. 13, Fauré aveva iniziato il Quartetto per archi e pianoforte in do minore, i cui progressi furono ritardati dai suoi nuovi impegni come direttore di coro alla Madeleine e poi dalla rottura del fidanzamento con Marianne Viardot (figlia di Pauline). Finalmente completata nel 1879, la partitura fu eseguita in prima assoluta il 14 febbraio 1880 alla Société nationale de musique da Ovide Musin al violino, Louis van Waefelghem alla viola ed Ermanno Mariotti al violoncello, con il compositore stesso al pianoforte. Nonostante l'accoglienza entusiastica, il finale suscitò qualche perplessità. Il lavoro fu poi sostituito da una nuova versione, presentata il 4 aprile 1884 con Lucien Lefort al violino, Jean Bernis alla viola e Jules Loëb al violoncello. Mentre i colori modali del brano derivano probabilmente dalla scuola Niedermeyer, l’op. 15 guarda chiaramente alla tradizione germanica, in particolare a Schumann, che Fauré ammirava molto, e al suo Quartetto con pianoforte op. 47. Le analogie con Brahms sono altrettanto impressionanti: padronanza dell’architettura formale, ricchezza testurale, ampiezza della scrittura strumentale, attenzione alla linea del basso, intenso lirismo. Anche se è non il caso di rivendicare una vera e propria influenza (all’epoca Brahms era poco conosciuto e scarsamente apprezzato in Francia), non si può non constatare che i due musicisti hanno seguito percorsi simili.