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Daphnis et Chloé

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Poche opere di Ravel conobbero un così lungo periodo di elaborazione: cominciato nel giugno 1909, Daphnis et Chloé fu terminato solo nell’aprile 1912. Ispirata a un romanzo di Longo (fine del II-inizio del III secolo), questa commissione dei Ballets russes venne rappresentata a Parigi l’8 giugno 1912 con scene e costumi di Léon Bakst e una coreografia di Michel Fokine. I due ruoli principali erano interpretati da Vaslav Nijinsky e Tamara Karsavina, l’orchestra diretta da Pierre Monteux. Anche se il balletto viene raramente ripreso ai giorni nostri, la sua musica continua a trionfare nelle sale da concerto, in particolare nella forma delle due suites che il compositore trasse dalla partitura originale. Nella propria Esquisse autobiographique (1928) Ravel afferma di aver inteso “comporre un ampio affresco musicale, attento meno all’arcaismo che alla fedeltà alla Grecia dei [suoi] sogni, la quale si apparenta con alquanto diletto a quella immaginata e dipinta dagli artisti francesi della fine del Settecento”. Un’Antichità misteriosa e onirica, come attesta in particolare il celebre “Lever du jour”, in cui il flauto di un pastore si confonde ai canti degli uccelli. Poi, nella “Pantomime”, Dafni e Cloe fanno rivivere le vicende di Pan e della ninfa Siringa. Il finale fu oggetto di vari rimaneggiamenti, poiché L’Oiseau de feu (1910) e Petrouchka (1912) comportarono una profonda ridiscussione. Senza questi balletti di Stravinskij, forse Ravel non avrebbe concluso sull’appassionato e dionisiaco fulgore di un baccanale in cinque tempi, che esprime al tempo stesso un senso di cataclisma e di solare apoteosi.

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data di pubblicazione : 25/09/23



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