Sorgenti del romanticismo musicale francese
Sorgenti del romanticismo musicale francese. all’incrocio delle influenze italiane e germaniche
Convegno organizzato in collaborazione con il Centro di Musica Barocca di Versailles. 12 e 13 ottobre 2009 a Venezia; 17 ottobre 2009 a Versailles.
Il romanticismo musicale è da tanto tempo percepito come l’espressione sonora delle sperimentazioni letterarie della fine del Settecento, che corrispondono esattamente alle idee brillanti di un Delacroix in pittura e di un Hugo in letteratura. Lungi dall’essere un periodo di negazione e di rifiuto del passato (poiché appunto ci si interessa alla musica antica), il romanticismo è quello dell’arricchimento delle forme classiche con un decoro tutto esteriorità: espressione personale dell’artista, virtuosità straordinaria, violenta opposizione dei contrari... In un panorama sostanzialmente delimitato da figure straniere (Beethoven, Bellini, Donizetti, Schumann, Liszt, Chopin...) il romanticismo francese appare come un’eccezione. In effetti le specificità nazionali difese nell’arte lirica da Lully sino a Gluck perdurano ancora negli anni 1800. La sensazione di un’«estetica romantica» si fa sentire -nella musica francese- solo quando questa si abbandona alla contaminazione straniera: il caso del grand-opéra meyerbeeriano vale come ottimo esempio, il quale introduce la vocalità italiana nel quadro solenne dell’antica tragedia lirica. Cherubini poi Spontini (ed anche Sacchini, Piccinni, Salieri) sono i primi a rimettere in causa il modello dell’opera classica creata da Gluck. Quindi sono gli Italiani ad «inventare» un nuovo stile lirico francese. La trasmissione estetica si fa poi tra istituzioni parigine, ognuna imitando le innovazioni dell’altra. Tanto è vero che la nuova via presa dall’opéra-comique degli anni 1830, che rimbomba di echi patetici -anzi lugubri- inattesi sotto la piuma di Onslow o Hérold. Nell’ambito della musica strumentale, la nozione di romanticismo segue lo stesso gioco di influenze che provengono dai paesi germanici. La sinfonia o la musica per tastiera devono tanto alle esperienze beethoveniane (ad esempio, Méhul, Steibelt e Onslow) e, prima, ai soggiorni parigini di stranieri come Dussek. Se l’opera francese «diventa» romantica grazie agli ornamenti della virtuosità italiana, la musica strumentale si orna di ricchezze armoniche della musica tedesca. Il fatto sta che la musica romantica francese non è solo la riunione composita di concezioni artistiche straniere. Le caratteristiche di quel repertorio rimangono da precisare -ed è la posta in gioco di questo convegno- ma appaiono promettenti parecchie piste di riflessione. La prima riguarda la libertà formale degli autori francesi, da Gossec a Berlioz. Danno da pensare la struttura delle arie e insiemi di opere così come la disposizione interna dei pezzi strumentali. Invece di considerare queste libertà prese con la teoria come un’incapacità tecnica o un’ignoranza delle norme, bisogna ammettere che vi è una testimonianza concreta di una vitalità sperimentale di ogni istante. Il ritmo è l’altro parametro fondamentale al quale sembra attaccarsi la prima generazione romantica francese. Lì risiede il punto comune tra Cherubini e Berlioz, il legame tra Médée e la Symphonie fantastique. Rinunciando alla serenità della forma classica, numerose opere assumono le sensazioni di rottura e di squilibrio con la stessa sovranità di Carl Philip Emanuel Bach o l’ultimo Beethoven. Ma con un’originalità che tra i contemporanei rende Berlioz subito riconoscibile.
Programme
Alban Ramaut – L’idée de « romantisme » avant le romantisme : 1770-1830.
Julia Lu – Experimentation and Renewal: The Prix de Rome Libretti (1831-1854) in the Age of Romanticism
Jean-Clair Vançon – Les traités de musique en France (1764-1830) : un classicisme italien pour un romantisme français ?
Jean-Pierre Bartoli – Paris et le langage de J. L. Dussek
Guillaume Bordry – Lire Byron en Italie : les voyages de Berlioz
Florence Gétreau – Le compositeur et son image : sensibilité, inspiration, expression du génie
Malou Haine – Romantique : « un mot si dangereux » selon Fétis
Michael Fend – The aftermath of the 'Querelle des Gluckistes et des Piccinnistes': French Opera in the 1780s
Joann Élart – Italianismes dans l’opéra de Boieldieu
Viviane Niaux – George Onslow : le « Beethoven français » ?
Patrick Taïeb – La veine germanique des opéras-comiques révolutionnaires : Cherubini, Steibelt, Méhul et Le Sueur
Louise Bernard de Raymond – Quels modèles pour les quatuors à cordes d’Antoine Reicha
Corinne Schneider – Beethoven, Schubert et Weber en France
Raphaëlle Legrand – Filiation de la tragédie lyrique de Rameau à Gluck ?
David Charlton – Recognising Musical Romanticism In France
Laura Naudeix – Les transformations du livret d’opéra : le cas des reprises de Quinault jusqu’en 1803
Marie-Pauline Martin – La place de la musique dans la théorie des beaux-arts au tournant du XIXe siècle : Levesque, Révéroni Saint-Cyr, Barthez et Villoteau.
François Bernard – Le fantasme des musiques du passé dans l’œuvre de Méhul.
Stéphane Lelièvre – D’un Don Juan à l’autre (1805-1834) : acclimatation de Mozart en France
Pubblicazioni scientifiche
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data di pubblicazione : 13/10/23