Hulda

Hulda, composta tra il 1879 e il 1885, non fu mai rappresentata finché César Franck visse, e dovette passare più di un secolo perché fosse eseguita integralmente. Ispirata a una pièce del norvegese Bjørnstjerne Bjørnson (1832-1910), questa cruenta leggenda medievale racconta le molteplici vendette dell’eroina eponima nei confronti del clan degli Aslak, carnefici della  sua famiglia, e poi di Eiolf, un emissario del re di Norvegia che si rivela amante infedele. L’immaginario nordico può ricordare quello delle produzioni wagneriane, ma il compositore rimane nel solco del grand opéra francese, pur adottando lo stesso linguaggio impiegato da Verdi nella medesima epoca. Rifiutato a Parigi dall’Opéra e dall’Opéra-Comique, e poi a Bruxelles dal Théâtre de la Monnaie, questo lavoro ambizioso si rivela una disillusione per un maestro condannato ad avere successo solo nell’ambito strumentale. Tuttavia, la morte di Franck provoca una nuova curiosità per i suoi inediti, e il teatro di Monte-Carlo programma la prima rappresentazione di Hulda nel marzo 1894, con Blanche Deschamps-Jéhin nel ruolo della protagonista. Allestita in una versione ridotta e con una scenografia minimalista, l’opera non accende gli animi. Sarà poi saggiamente seppellita dagli allievi di Franck: preferendo conservarne l’immagine di compositore di musica pura, si riserveranno la gloria di incarnare il rinnovamento lirico delle scene francesi. Tali questioni sono ormai obsolete, ma ci rimane Hulda: “una partitura di grande valore, ricchissima d’invenzione, di avvincente forza evocativa, di una qualità lirica di prim’ordine” (Joël-Marie Fauquet).